rassegna stampa
e. pecci: Il Toro non può perdere
CAP. 14
UN BROKER IN ERBA
"Venga stasera in sede verso le 19, per discutere il suo contratto."
"Sarò puntuale, dottor Bonetto."
Il dottor Beppe Bonetto amava definirsi segretario del Torino Calcio, ma in realtà passava tutto da lui. Dai conti alle questioni tecniche. Era il Direttore Generale nonchè Direttore Sportivo. Faceva anche parte del Consiglio d'amministrazione. Tutti ruoli di grande responsabilità e prestigio che assolveva con competenza e passione. Gli uffici del Toro erano il suo quartiere generale...
CAP. 35
FEDERICO BONETTO E L'INCIDENTE... DIPLOMATICO
Federico Bonetto è il nipote del dottor Beppe Bonetto.
Poco più che ventenne, lavorava per il Toro dal 1973, anno in cui aveva finito il servizio militare ma aveva avuto anche la disgrazia di perdere il padre. Era giovane, esuberante, assai comunicativo. Capello lungo col ciuffo che cadeva davanti agli occhi, alto uno e settantacinque, un po' tondo come me; nel complesso un bel ragazzo. Facemmo presto amicizia. Ufficialmente era l'accompagnatore della squadra, in realtà faceva di tutto. Un tuttofare volenteroso e volitivo. Aveva imparato presto il mestiere e non ricordo problemi o disguidi nelle nostre trasferte. Per noi giocatori, un amico, un fratello.
Uno degli argomenti che spesso affrontavamo erano le gonne. Molto fumo e poco arrosto per entrambi. Però le sparavamo grosse e ci vantavamo di non so quante conquiste. Un giorno, facendomi credere di avere una mossa galante con una formosa signora, mi chiese l'auto in prestito: "Tanto non ti serve durante l'allenamento".
"Ok Fede."
Alla fine dell'allenamento Federico si materializzò nello spogliatoio mentre mi stavo asciugando dopo la doccia. Quasi sussurrava per non farsi sentire da orecchie indiscrete, sempre presenti in uno spogliatoio: "Eraldo, mi dispiace ma ho avuto un piccolo incidente".
"Ti sei fatto male?"
"No, ma la macchina è ammaccata."
"Abbiamo ragione?"
"Non credo, mi sono scontrato con un tram."
"Bene Fede, la trombata oggi l'abbiamo presa noi."
"Oh già, ma questa non la contiamo."
Ridemmo. Che strano andare a bocciare contro un tram. Era un'opzione che non avevo mai preso in considerazione. Sicuramente entravamo in una statistica per pochi eletti. L'auto non era molto danneggiata e il fatto di poter prendere in giro Federico per quel singolare incidente mi ripagava con gli interessi.
Bonetto jr era un componente dello spogliatoio a tutti gli effetti, uno di noi.
CAP. 63
BEPPE BONETTO
La sconfitta di Milano con l'Inter fu un brutto colpo.
I cinque punti di distacco dalla Juve erano un problema in sé, ma quella débacle andò inoltre a incrinare la fiducia di molti a noi vicini. Anche perchè i giornali non erano stati teneri nei nostri confronti. Era sicuramente il momento peggiore della stagione, ma nessuno sbandò. Fu bravo Radice a non mostrare un attimo di scoramento, fu brava la squadra a non mollare, fu brava la società a stringersi ancora di più a noi.
Il dottor Bonetto, mai come allora, si mostrava desideroso di fare quattro chiacchere. Anche Nanni Traversa era più espansivo e cordiale del solito. Come si suol dire, facemmo quadrato.
L'abitudine di parlare spesso fra il dottor Beppe Bonetto e me si consolidò negli anni. Beppe Bonetto era una persona colta e umile, con la quale era piacevole dialogare. Quell'anno aveva intenzione di comprare un altro difensore e io gli consigliai di seguire accuratamente Danova. Gigi Danova non fu subito apprezzato dai tifosi granata, e il dottore non mancava di sfottermi: "Complimenti Pecci, lei se ne intende di giocatori...".
Mi diede poi ragione col tempo ma, a ogni modo, l'aveva scelto lui. Semplicemente, non essendo ottuso, aveva voluto ascoltare una voce in più.
L'inizio di marzo rischiò di vedere crollare le nostre belle speranze e invece si rivelò, per come l'affrontammo, il trampolino verso il successo.
CAP. 93
16 MAGGIO 1976
...Anche il Pres piangeva aggirandosi per il campo, stringendo le mani e salutando la folla che lo acclamava.
Beppe Bonetto si avvicinò per congratularsi con me, senza clamore, ma con una grande intensità nello sguardo e, credo, nell'animo. Ci sono momenti in cui gli uomini comunicano in un modo che non sapevano di poter usare, ma in quel modo riescono a dire cose per le quali mai riuscirebbero a trovare le parole giuste. D'altronde quel giorno si era avverato un sogno. Sessantacinquemila persone ne erano testimoni. Era un giorno che i più anziani aspettavano da molto tempo, un'emozione che i più giovani non avevano mai vissuto. Tutti gioivano, ridendo o piangendo era uguale, condividevano la felicità con il vicino di posto, fosse un vecchio amico, un fratello, il proprio padre o un perfetto sconosciuto. Ciascuno dei presenti guardava con attenzione quello che succedeva in campo e intorno perchè sapeva che un giorno avrebbe dovuto raccontare quei momenti ai figli, ai nipoti, persino a se stesso. I tecnici, i calciatori e la gente erano stati il mezzo per realizzare quel sogno, ma il progetto-capolavoro portava tre firme: Orfeo Pianelli, Nanni Traversa, Beppe Bonetto.
Pagg. 55, 118/19, 182/83 e 261/62 - ERALDO PECCI - Il Toro non può perdere - La magica stagione '75-76 - Rizzoli - aprile 2013 - pag. 285 - € 18,00