rassegna stampa

g. zambrotta:
una vita da terzino


 

CAP. 4

297 VOLTE CON LA MAGLIA DELLA JUVENTUS


Quell'episodio lo ricorda così anche il mio procuratore, Marcello Bonetto: "Successivamente al discorso di calciopoli, la reazione di Gianluca non è stata di certo positiva". Tanta era la delusione, il dispiacere, la tristezza nel vedere tutto quello che avevamo fatto in quegli ultimi anni calpestato da chissa chi, buttato nel cesso, cancellando anni di fatiche e dolori sul campo. Era una situazione surreale. E' stato devastante. Avevo la sensazione di essere rimasto imprigionato in un labirinto senza via di fuga, senza vedere una luce di speranza. Si cercava di capire quale direzione potesse prendere la squadra, ma nemmeno io lo sapevo, nessuno ancora lo sapeva, però ero sicuro e convinto di una cosa soltanto: l'idea di scendere a giocare in serie B non l'avrei mai presa in considerazione. Perchè mi dovevo sentire un traditore? Un mercenario? Solo perchè avevo delle grandi ambizioni? Perchè volevo raggiungere sempre la vetta più alta? Perchè volevo sempre giocare per obiettivi importanti e prestigiosi? Non ci stavo assolutamente ad accettare il contrario. E poi non avrei certo pagato per colpe non mie. Ognuno avrebbe dovuto pagare per i propri errori e assumersi le proprie responsabilità. "Lui si sentiva sulla propria pelle i successi vinti ma passati all'ombra di quelle storie di calciopoli," continua Bonetto. "In una situazione di confusione gestionale della società, io e mio padre iniziamo a vedere se ci sono delle trattative per altre squadre. Con la Juve noi avevamo espresso e fatto presente le amarezze di Gianluca. Gli interlocutori non erano più Moggi e Giraudo. L'unico riferimento era rimasto Bettega, ma non se ne fece nulla."

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Ancora oggi dalle parole di Marcello Bonetto emerge chiaramente quale fu il progetto messo in pratica dalla società bianconera: "Ci chiamò Bettega quando era già stato tutto deciso. A un primo incontro parlai con Cobolli Gigli, Blanc e Bettega. Poi al momento della firma rimase solo Bettega, con i dirigenti del Barcellona. Ma Bettega non aveva poteri decisionali, era semplicemente l'esecutore materiale di tutta questa operazione commerciale. Al Barcellona interessava Zambrotta, ma nel pacchetto era compreso anche Thuram. Chiunque avessero chiesto alla Juve in quel momento sarebbe stato venduto. Chi non è andato via vuol dire che non aveva ricevuto offerte concrete, definite, certe, o che molto probabilmente invece, al contrario di Gianluca, aveva ricevuto un prolungamento del contratto e un adeguamento da parte della società in caso di risalita in serie A. La società era nel marasma assoluto". Io non ne sapevo nulla e non ero convinto. Mia madre continuava a mostrare a Bettega le sue rimostranze. Ma era già tutto fatto, c'era già il visto della Juventus. Sia chiaro: avevo firmato per il Barcellona, la squadra più forte in quel momento a livello europeo e mondiale, campione uscente della Champions League. Ma ragazzi, questa è un'altra storia...

CAP. 6

I PRIMI TIRI AL PALLONE


...Proprio in quel periodo avevano messo gli occhi su di me già diversi procuratori. Uno di questi in particolare era Giuseppe Bonetto insieme al figlio Marcello, che ricorda così il nostro primo incontro: "La prima segnalazione su Gianluca mi arriva da Antonio Comi, un giocatore del Como, di grande esperienza. Ci precipitiamo a vedere una partita della Primavera a Sesto San Giovanni, Pro Sesto-Como, finita poi 0-1. Il particolare di questa prima occasione lo ricordo ancora con mente fotografica. Gianluca viene fatto salire (salire? Intendevo che aveva occupato molte posizioni in campo per l'inferiorità numerica, dimostrando anche grande duttilità) in campo a seguito di una espulsione, e inizia a muoversi in molte posizioni diverse, a seconda delle esigenze del momento. Questo aspetto mi colpì immediatamente: questo giovane Zambrotta aveva una fisicità unica rispetto agli altri. Io e mio padre siamo tornati a casa continuando a parlare delle caratteristiche fisiche impressionanati di Gianluca".

CAP. 7

L'ARRIVO A TORINO


Intervenne il mio procuratore per fare un po' di chiarezza, e dal suo racconto le cose andarono diversamente: "C'era interesse del Milan, anche se io non ero stato presente a quella cena a Milano, dove erano state fatte tutte quelle promesse a Gianluca. Per noi il Milan andava benissimo. Invece poi succede che Luciano Moggi un giorno incontra casualmente Antonio Matarrese, all'epoca presidente del Bari, siamo a gennaio 1999. In quell'occasione fu lo stesso Moggi a confidare direttamente a Matarrese che avrebbe acquistato molto volentieri Zambrotta. Matarrese rimase un po' titubante, dicendo che non c'era fretta e che se ne poteva riparlare a fine stagione. Moggi, da uomo astuto e abile, non si tirò indietro e cominciò una trattativa che portò Matarrese all'angolo: Matarrese sparò una cifra alta per cercare di scoraggiare Moggi, e invece lui bloccò subito l'affare e offrì a Matarrese lì su due piedi tutta la cifra richiesta. L'affare era concluso. Successivamente ci chiamò Bettega dicendoci che era urgente concretizzare l'accordo, perchè avevano preso Zambrotta".

L'accordo era stato molto rapido, e mi informarono che nel giro di qualche giorno avrei addirittura dovuto firmare il nuovo contratto. Arrivò a Bari, all'aeroporto di Bari-Palese, Claudio Sclosa, socio di Bonetto, per farmi firmare il contratto di acquisto da parte della Juventus, per trenta miliardi di lire. Il "Corriere della Sera" fu il primo giornale a diffondere la notizia, l'8 febbraio 1999. Da quel giorno potevo già dire di essere un calciatore della Juventus. Avevo ventun anni.

Pagg. 42/45, 60/61 e 66/67 - GIANLUCA ZAMBROTTA - Una vita da terzino - Kowalski - aprile 2014 - Pag. 190 - € 15,00