rassegna stampA

ALE' TORO n. 1 del gennaio/febbraio 2004


 

Inchiesta: I NUOVI PADRONI DEL PALLONE
Bonetto: "Inevitabile una cura dimagrante"


Il padre di tutti i procuratori analizza fatti e misfatti E' entrato nel mondo del calcio lavorando come direttore amministrativo della Lega negli Anni Sessanta, poi è stato per diciotto stagioni il general menager del Torino, quindi (dopo una fugace esperienza a Napoli) è diventato uno dei più stimati procuratori, arrivando anche alla presidenza della categoria.
Beppe Bonetto ha visto il mondo del pallone da angolature diverse e può parlare dall'alto di un'esperienza quarantennale: "Ho iniziato l'attività di procuratore nel 1984. Insieme a me c'erano (come primi colleghi) Antonio Caliendo e l'avvocato Canovi. Allora non esistevano staff ampi come oggi, eravamo più ruspanti. Noi e quel calcio. Io ho avuto un 'maestro' straordinario in Romeo Anconetani".

Che personaggio era l'ex patron del Pisa?
"Ha inventato lui la figura del mediatore. Aveva un fiuto incredibile, era il più bravo di tutti nell'intuire le qualità di un calciatore. Ricordo telefonate fatte alle 3 di notte per avere notizie e referenze su alcuni giocatori. Talvolta era un uomo rude, quasi cattivo, ma Anconetani aveva un'abilità fuori dal comune nel condurre le trattative".

Come risponde all'accusa di coloro che considerano i procuratori la prima causa del crack del calcio attuale?
"E' come dire che l'aumento dell'inflazione è tutta colpa dell'euro. Personalmente, ma credo di parlare a nome di molti miei colleghi, non ho mai fatto sottoscrivere contratti puntando la pistola alla tempia di un presidente. Siamo seri, la verità è che la sproporzione di certi ingaggi poteva essere evitata facendo dei conti semplici semplici. Quelli che adesso molti presidenti sono tornati a fare dopo un lungo periodo di corsa al rialzo. Voluta da loro stessi".

Qualche cosa da farsi perdonare l'avranno anche i procuratori, non crede?
"Io facevo parte della commissione esaminatrice e in passato mi è successo di vedere ragazzi che, superato l'esame ed iscritti all'albo, pensavano di aver vinto la lotteria e di essere diventati multimiliardari. Oggi, alla fine della fiera, gli agenti veri e propri, quelli che fanno questo mestiere in un certo modo e guadagnano bene sono una cinquantina. Non è gestendo la procura di calciatori di serie C che vantano stipendi massimi di 60 mila euro che si diventa ricchi...".

Da cosa ha avuto origine allora questa folle corsa al rialzo?
"Il problema è che nel calcio, rispetto alle altre professioni, le notizie dei guadagni sono di pubblico dominio e spesso vengono anche amplificate verso l'alto. Così un giocatore si sente autorizzato a chiedere di più, perchè sa quanto prendono certi suoi colleghi. Personalmente, però, non sono il tipo che va a chiedere il famoso 'ritocchino' appena il mio assistito ha segnato tre gol o ha giocato due belle partite. I contratti vanno rispettati. Stop".

Ultimamente, però, è arrivata l'ora di ridiscutere i contratti al ribasso. C'è consapevolezza da parte degli atelei che questa è una via d'uscita obbligatoria?
"Le persone intelligenti capiscono da sole che è necessario fare un passo indietro. Nel futuro solo i grandissimi campioni continueranno a prendere certe cifre, tutti gli altri dovranno accettare il ridimensionamento".

Come hanno accettato i giocatori della Lazio, sottoscrivendo il piano Baraldi. Pardon, il piano Bonetto, perchè pare sia stato lei a suggerire la spalmatura degli ingaggi...
"Non amo dare troppo risalto a questa vicenda, anche se è vero che già nell'ottobre del 2002 misi per iscritto questa possibile via d'uscita per la crisi della Lazio".

Negli ultimi tempi si è detto e scritto di un calcio ostaggio della Gea e di alcuni potentati? Cosa risponde?

"Della vicenda Gea e dei suoi uomini preferisco non parlare. So di alcuni colleghi che hanno avuto dei problemi con loro. Azioni legali? Certi comportamenti scorretti devono essere documentati per venire sanzionati, le chiacchere non servono".